Intervento del Cardinale Baldisseri al Seminario di studio alla FAO

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cardinal baldisseri alla FAO

Di seguito presentiamo l'intervento del Cardinale Lorenzo Baldisseri al Seminario di studio organizzato congiuntamente da FAO e Missione Permanente della Santa Sede presso FAO, FIDA e PAM

dal titolo:

I popoli indigeni, custodi della natura: l’Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco e gli Obiettivi di Sviluppo sostenibile     

sul tema: 

Il Sinodo speciale per l’Amazzonia e l’interesse del Santo Padre per le Comunità autoctone

 

Roma, 28 marzo 2019

INTRODUZIONE

Eccellenze, Signore e Signori

Buon pomeriggio

Sono particolarmente lieto di partecipare al Seminario di Studio dal titolo: “I popoli indigeni, custodi della natura: l’enciclica ‘Laudato si’ di Papa Francesco e gli Obiettivi di Sviluppo sostenibile”, in qualità di Segretario generale del Sinodo dei Vescovi. Plaudo veramente all’iniziativa, organizzata congiuntamente dalla FAO e dalla Missione Permanente della Santa Sede presso le organizzazioni delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura.

Ringrazio vivamente Mons. Fernando Chica Arellano, Osservatore Permanente della Santa Sede presso la FAO, FIDA e PAM, per l’invito, unito a quello del Forum Roma di ONG di ispirazione cattolica.

 

Saluto cordialmente tutti i presenti, provenienti da molteplici contesti e culture.

Com’è noto, dal 6 al 27 ottobre prossimo (2019) si terrà qui a Roma l’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi dal tema: Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale. Papa Francesco ha annunciato  il tema all’Angelus di domenica 15 ottobre 2017 e precisava che aveva preso questa decisione «accogliendo il desiderio di alcune Conferenze Episcopali dell’America Latina, nonché la voce di diversi Pastori e fedeli di altre parti del mondo».

Egli ha inoltre chiarito che lo «scopo principale di questa convocazione è individuare nuove strade per l’evangelizzazione di quella porzione del Popolo di Dio, specialmente degli indigeni, spesso dimenticati e senza la prospettiva di un avvenire sereno, anche a causa della crisi della foresta Amazzonica, polmone di capitale importanza per il nostro pianeta». Dalla sottolineatura “specialmente per gli indigeni” si comprende bene l’attenzione che Papa Francesco vuole rivolgere alle comunità autoctone di quella immensa regione.

Con questo annuncio è iniziato il processo sinodale, che in realtà ha preso le sue prime mosse nel gennaio 2018, in occasione della visita del Santo Padre a Puerto Maldonado in Perù, dove Papa Francesco ha calcato il suolo amazzonico per la prima volta da Pontefice ed ha lì incontrato i popoli indigeni. Nello stesso giorno si è tenuta la prima riunione del Segretario Generale del Sinodo con la REPAM (Rete Eclesiale Panamazzonica), per la preparazione dell’evento sinodale, di cui parlerò in seguito.

Vorrei evidenziare che è fondamentale ritenere che l’Amazzonia è “il focus” di questo Sinodo, ma è altrettanto vero che vi sono nel mondo altre “amazzonie”, dove si riscontrano criticità e problematiche ecclesiali e ecologiche similari; e ciò in particolare nei riguardi dei popoli originari. Basti pensare alle regioni riguardanti il sistema acquifero del Guaranì, il corridoio biologico centroamericano, come pure il bacino del Congo o i boschi tropicali dell’Asia e del Pacifico. In questa prospettiva si comprende perché il Sinodo sarà celebrato a Roma, non come evento che si riferisce solo ad una Chiesa locale, ma tocca l’intera Chiesa universale, con uno sguardo globale al mondo.

Ma che cos’è un Sinodo?

 

1. IL SINODO DEI VESCOVI: SCOPO, SVOLGIMENTO, PROCESSO

         Il Sinodo dei Vescovi è un organismo della Chiesa cattolica, istituito da Paolo VI nel 1965, e rivisto da Papa Francesco nel 2018, che ha con la pubblicazione della costituzione Apostolica Episcopalis Communio con lo scopo di collaborare con il Romano Pontefice nelle questioni di maggiore importanza (cf. n.1). Il termine greco Synodus, significa ‘camminare insieme’, e fa riferimento a un percorso su un tema specifico, che coinvolge tutto il Popolo Dio – Laici, Pastori, Vescovo di Roma –  ciascuno secondo il ruolo e le competenze che gli appartengono.

Il processo sinodale si snoda in tre fasi successive e complementari.

La prima fase è quella della Consultazione: l’Ascolto.

Per quanto riguarda l’Amazzonia molte iniziative si sono svolte:

Ne cito tre:  45 Assemblee Territoriali locali,  organizzate dalla REPAM (Rete Ecclesiale Panamazzonica) nel territorio panamazzonico (a vari livelli: provincie ecclesiastiche, Diocesi, Vicariati, decanati, unione di religiosi e religiose ecc.).

Il Seminario di Studi sul tema “Verso il Sinodo Speciale per l’Amazzonia: dimensione regionale ed universale”, tenutosi a Roma 25 al 27 febbraio scorso, con esperti e specialisti, di carattere scientifico.  

Un Seminario su “Ecologia integrale: una risposta sinodale a partire dall’Amazzonia e da altri bioma/territori essenziali per la cura della nostra casa comune”, tenutosi alla Georgetown University di Washington dal 19 al 21 di questo mese, con la partecipazione di rappresentati dei cinque continenti. Il materiale raccolto servirà per la redazione dell’Instrumentum Laboris, documento di lavoro per i padri sinodali.

La seconda fase è la Celebrazione dell’Assemblea.

Vi parteciperanno i Presidenti delle 7 Conferenze Episcopali dell’area amazzonica, tutti i Vescovi provenienti dalle circoscrizioni ecclesiastiche della zona, i membri del Consiglio Ordinario di Segreteria per l’Amazzonia, i Capi dei Dicasteri della Curia Romana che hanno attinenza al tema, 15 religiosi ed alcuni altri membri nominati dal Santo Padre. Inoltre, vi parteciperanno: Esperti, Uditori laici, laiche e religiose, Delegati di Comunità cristiane, Invitati.

La terza ed ultima fase è l’Attuazione, affifata al Dicastero competente della Curia Romana, dopo la pubblicazione dell’Esortazione Apostolica Post-sinodale.

 

2. IL SINODO PER L’AMAZZONIA: PRESENTAZIONE DEL TEMA

Dati: la superficie della regione panamazzonia è di circa 7 milioni e mezzo di chilometri quadrati, corrispondente praticamente al 40% dell’America del Sud e al 5% della superficie della terra. Si estende in 9 paesi o territori: Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Venezuela, Suriname e Guyana Francese. La foresta amazzonica copre più o meno 5 milioni e 300 mila chilometri quadrati; il che corrisponde approssimativamente al 40% dei boschi tropicali di tutta la terra. Contiene all’incirca il 20% della disponibilità mondiale di acqua dolce non congelata. La sovrabbondanza di acqua, umidità e calore fa sì che negli ecosistemi amazzonici si ritrovi intorno al 15% della biodiversità del nostro mondo. Il bacino dell’Amazzonia ospita inoltre circa il 30% di tutte le specie della fauna e della flora del mondo. Ed ha un ruolo centrale per il bilanciamento totale del diossido di carbonio per mezzo dell’assorbimento dall’atmosfera e l’immagazzinamento negli alberi e nel suolo.

In questa vasta regione abitano circa 33 milioni di persone. Tra esse si registra la presenza di circa tre milioni di indigeni, che rappresentano quasi 390 popoli e nazionalità differenti. Si parlano 240 lingue, appartenenti a 49 famiglie linguistiche.

Il tema dell’Assemblea sinodale di ottobre, come annunciato sopra, è “Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”. Il Sinodo  quindi si propone di individuare delle strade, nuovi cammini, per l’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo da parte della Chiesa ed anche per un’ecologia integrale rispettosa della bellezza del creato e della dignità delle persone.

In relazione alla trasmissione del Vangelo si porrà l’attenzione alla formazione cristiana e alle varie espressioni della pietà popolare; la promozione della vita sacramentale e liturgica delle comunità locali, l’approfondimento della problematica della ministerialità, che è strettamente collegata con detta promozione.

Per quanto riguarda l’aspetto dell’ecologia integrale, ci si riferirà ad una visione dell’ecologia che non si limiti a guardare la “natura” e le sue questioni, ma che «comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali» (LS 137).  ‘Integrale’, a partire dall’Enciclica Laudato si, vuol dire, proprio questo: basare l’ecologia come una realtà complessiva del nostro mondo, in cui il vivere è tutto connesso (LS 117), natura, uomo e Dio creatore per noi cristiani. Le azioni umane non sono mai chiuse in ‘compartimenti stagni’, ma anche quelle che sembrano più distanti tra loro, sono in realtà interconnesse e toccano tutti gli ambiti naturali e umani. Di conseguenza, ogni comportamento dannoso per l’ambiente naturale si riflette inevitabilmente su quello socio-culturale e viceversa. 

 

3. LA SOLLECITUDINE DI PAPA FRANCESCO PER I POPOLI INDIGENI

In questo quadro appena descritto si inscrive la realtà dei popoli indigeni e l’attenzione amorevole che il Santo Padre ha verso di loro. Proprio in quell’importante discorso di Puerto Maldonado, il Papa ha rilevato con comprensibile amarezza che «probabilmente i popoli originari dell’Amazzonia non sono mai stati tanto minacciati nei loro territori come lo sono ora» (Francesco, Incontro con i popoli dell’Amazzonia, Puerto Maldonado, 19 gennaio 2018). Facendo eco alle parole del Papa, il Documento preparatorio del Sinodo così fotografava la situazione: «la ricchezza della foresta e dei fiumi amazzonici si trova minacciata dai grandi interessi economici che si concentrano in diversi punti del territorio. Tali interessi provocano, fra le altre cose, l’intensificazione della devastazione indiscriminata della foresta, la contaminazione di fiumi, laghi e affluenti (…). A ciò si aggiunge il narcotraffico, che, sommato a quanto detto, mette a repentaglio la sopravvivenza dei popoli che dipendono delle risorse animali e vegetali di questi territori» (DP I,2). Come se questo non bastasse, anche altri elementi costituiscono una minaccia per la regione amazzonica. Ne evidenzio alcuni: 1) le politiche che, pur mirando alla ‘conservazione’ della natura  favoriscono gli interessi di pochi 2) la tratta di persone (donne, bambini); 3) la discriminazione verso i popoli indigeni (cfr. DP, domanda II,4); 4) la questione dell’energia eolica (Brasile); 5) il suicidio di giovani indigeni.

Queste minacce fanno sì che l’Amazzonia, e i popoli che l’abitano, siano attraversati da profonde ferite che richiedono di essere sanate.

In più di un’occasione, Papa Francesco ha messo in luce l’immenso patrimonio umano, spirituale, culturale e sociale dei popoli originari e il loro ruolo insostituibile di custodi delle foreste e della natura che li circonda, ricordando a tutti che noi “non siamo i padroni assoluti del creato (cf. Francesco, Incontro con i popoli dell’Amazzonia, Puerto Maldonado, 19 gennaio 2018).

Ai centinaia di giovani di diversi popoli originari, riuniti a Panama nello scorso gennaio per l’Incontro della Gioventù Indigena, in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù, Papa Francesco diceva di non perdere il loro patrimonio culturale e li invitava a  «tornare alle culture delle origini» e a «farsi carico delle radici, perché dalle radici viene la forza» per «crescere, fiorire e fruttificare». (Francesco, Videomessaggio per l’Incontro della Gioventù Indigena, reso pubblico il 18 gennaio 2019).

Circa le radici e la stessa cultura indigena, sono significative le espressioni di un uomo saggio indigeno, Davi Kopenawa, leader e portavoce del popolo Yanomani del Brasile: «Nella foresta, l’ecologia siamo noi, gli esseri umani. Ed inoltre, tanto quanto noi, (…) gli animali, gli alberi, i fiumi, i pesci, il cielo, la pioggia, il vento e il sole (…). Le parole dell’ecologia sono le nostre antiche parole (…); nasciamo al centro dell’ecologia e lì cresciamo». [DAp 125]» (DP II,8).

Papa Francesco, proprio in questa sede, nel Discorso ai partecipanti alla IV Riunione del Forum dei popoli indigeni dello scorso febbraio, ha sottolineato che «i popoli originari, con la loro copiosa varietà di lingue, culture, tradizioni, conoscenze e metodi ancestrali, diventano per tutti un campanello d’allarme, che mette in evidenza il fatto che l’uomo non è il proprietario della natura, ma solo colui che la gestisce, colui che ha come vocazione vegliare su di essa con cura, affinché non si perda la sua biodiversità e l’acqua possa continuare a essere sana e cristallina, l’aria pura, i boschi frondosi e il suolo fertile» (Francesco, Discorso ai partecipanti alla IV Riunione del Forum dei popoli indigeni, Sede della FAO in Roma, 14 febbraio 2019).

E il progresso? Si possono accogliere indistintamente tutti i modelli sviluppo? Nell’Enciclica Laudato si’, pur non mettendo in discussione i passi avanti compiuti dall’umanità, in termini di progresso e sviluppo, si rilevano una serie di segni che «mostrano come la crescita degli ultimi due secoli non ha significato in tutti i suoi aspetti un vero progresso integrale e un miglioramento della qualità della vita» (LS 46). “Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore, non può considerarsi progresso» (LS 194).

Per quanto riguarda le modalità di relazione con i popoli indigeni, Papa Francesco utilizza parole molto chiare ed incisive, quando nel Discorso tenuto qui alla FAO nello scorso febbraio afferma che «nel nostro immaginario collettivo, c’è anche un pericolo: noi popoli cosiddetti civilizzati “siamo di prima classe” e i popoli cosiddetti originari o indigeni “sono di seconda classe”. No. È il grande errore di un progresso sradicato, svincolato dalla terra. È necessario che i due popoli dialoghino». E a questo punto lancia una proposta interessante e ‘creativa’, come è nel suo stile. Non so come si possa attuare concretamente, ma invito tutti a rifletterci con attenzione. Dice il Santo Padre: «oggi urge un “meticciato culturale” dove la saggezza dei popoli originari possa dialogare sullo stesso livello con la saggezza dei popoli più sviluppati, senza annullarsi. Il “meticciato culturale” sarebbe la meta verso la quale dovremmo tendere con la stessa dignità» (Francesco, Discorso ai partecipanti alla IV Riunione del Forum dei popoli indigeni, Sede della FAO in Roma, 14 febbraio 2019).

CONCLUSIONE

A conclusione di questo mio intervento, faccio mie queste parole del Santo Padre. Il Sinodo, in tutto il suo processo, considera i popoli indigeni dell’Amazzonia come interlocutori che, forti delle loro ricchezze culturali e spirituali e della loro sapienza ancestrale, si impegnano instancabilmente per la cura della Casa Comune e per partecipare all’edificazione di una Chiesa sul cui volto indigeno risplenda il volto di Gesù Cristo. Sono sicuro che in questo modo essi potranno assurgere ad essere soggetti attivi di una storia che contribuiscono a scrivere e non oggetti passivi di progetti fabbricati da altri.

Ringrazio tutti per la vostra cortese attenzione.