Il Villaggio per la Terra torna a Roma con la partecipazione dei Focolari. Per la tutela del pianeta

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L’Amazzonia come «foresta di culture» sarà uno dei temi principali dell’edizione 2019 del Villaggio per la Terra, iniziativa organizzata ogni anno a Roma dai Focolari e dall’Earth Day Italia, pochi giorni dopo la Giornata mondiale della Terra che viene celebrata il 22 aprile dalle Nazioni Unite.

Il 27 aprile, quindi, anche in vista del Sinodo dei vescovi dedicato alla macroregione del Sud America, i partecipanti si concentreranno in particolare sulle culture indigene sempre più messe a rischio dalla deforestazione e dal fenomeno del land grabbing. Tra gli organizzatori di questa giornata sull’Amazzonia a Villa Borghese, la Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale e il Pontificio consiglio della cultura. In programma sono previsti gli interventi del cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, di Paolo Braghini, padre cappuccino esperto delle popolazioni del bacino del fiume Solimões, ma anche del professore Rafael Padilha, giurista dell’Università di Vale do Itajaí. Saranno inoltre diffusi messaggi video del cardinale Cláudio Hummes, presidente della Rete ecclesiale Pan Amazzonica, di rappresentanti dei popoli amazzonici che testimonieranno della loro condizione, nonché di diversi professori della Facoltà cattolica di Rondonia, in Brasile.

La regione amazzonica, che rappresenta il 43 per cento del Sud America ed è condivisa da nove nazioni, ospita 35 milioni di persone e circa 2,8 milioni di indigeni appartenenti a 390 distinte popolazioni, 137 delle quali sono ancora isolate e non contattate. In Amazzonia si parlano 240 lingue appartenenti a 49 famiglie linguistiche. Nella sua enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune, Papa Francesco ha ricordato l’importanza di questo luogo «per l’insieme del pianeta e per il futuro dell’umanità». Pertanto il Pontefice ritiene «lodevole l’impegno di organismi internazionali e di organizzazioni della società civile che sensibilizzano le popolazioni e cooperano in modo critico, anche utilizzando legittimi meccanismi di pressione, affinché ogni governo adempia il proprio e non delegabile dovere di preservare l’ambiente e le risorse naturali del proprio paese, senza vendersi ad ambigui interessi locali o internazionali».

Tra gli altri eventi di spicco di questa nuova edizione del Villaggio per la Terra, la giornata su «Salute e clima» organizzata in collaborazione con il dipartimento scienze della salute della donna e del bambino e di sanità pubblica del Policlinico Gemelli. Il focus darà voce all’impegno di centinaia di ricercatori che, nella recente Carta internazionale di Roma su clima e salute, hanno espresso raccomandazioni per far crescere la consapevolezza su queste tematiche cercando di porle al centro di tutte le agende.
Tre anni fa il Villaggio per la Terra aveva ricevuto la visita a sorpresa di Papa Francesco. Nel suo discorso, rivolgendosi ai partecipanti, il Pontefice aveva affermato: «La foresta è piena di alberi, è piena di verde, ma troppo disordinata… ma così è la vita! E passare dal deserto alla foresta è un bel lavoro che voi fate».


L'Osservatore Romano, 24-25 aprile 2019

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 Indigeni della foresta amazzonicaP. Braghini al Villaggio per la Terra: per salvare l'Amazzonia occorrono scelte concrete

Al "Villaggio per la Terra" in corso a Roma, si è parlato anche di Amazzonia, simbolo della diversità naturale e culturale con la presenza di quasi 400 etnie e oltre 200 lingue. Una ricchezza sempre più minacciata da interessi economici e dalla globalizzazione. Ad ottobre se ne occuperà il Sinodo dei vescovi.

Termina oggi negli spazi del Galoppatoio di Villa Borghese a Roma, la manifestazione “Villaggio della Terra”, promossa da Earth Day Italia e dal Movimento dei Focolari, con centinaia di altri partners, in occasione della Giornata Mondiale della Terra che si tiene il 22 aprile di ogni anno. Tra i temi in programma uno ancora poco esplorato e cioè le conseguenze del cambiamento climatico sulla nostra salute. Centrale nei gionri scorsi è stato anche un talk show sull'Amazzonia organizzato in collaborazione con il Cortile dei Gentili del Pontificio Consiglio della Cultura, e ispirato all'Anno internazionale delle lingue indigene dell'UNESCO, ai temi del Sinodo dei Vescovi che Papa Francesco ha indetto per il prossimo ottobre, e nel 50° anniversario di Survival International.

La regione amazzonica strategica per la vita del Pianeta

Secondo i dati forniti dall’organizzazione ambientalista WWF, l'Amazzonia rappresenta il più vasto bacino fluviale del pianeta: 1 milione di kmq di ecosistemi legati alle sue acque dolci che rappresentano il 17-20% di quelle totali del pianeta. La foresta tropicale amazzonica che si estende per 6,7 milioni di kmq e ospita il 10% delle specie viventi conosciute, trattiene al suolo tra i 90 e i 140 miliardi di tonnellate di carbonio, il 10% del totale globale. Ma non solo piante e specie animali: la Repam – Rete Ecclesiale PanAmazzonica riferisce che nella regione vivono 35 milioni di persone e circa 2,8 milioni di indigeni appartenenti a 390 distinte popolazioni, oltre un centinaio delle quali sono ancora isolate. 240 le lingue parlate.

Il talk show: "Amazzonia, foresta di culture" 

L’evento ospitato nell'Area Meeting del Villaggio ha avuto per titolo: “Amazzonia, foresta di culture”. Sono intervenuti Kathleen Rogers, presidente Earth Day Network, il card. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, padre Laurent Mazas, del Pontificio Consiglio della Cultura, il Rafael Padilha, giurista e umanista dell'Università di Vale do Itajaì (Brasile), Francesca Casella, direttrice italiana di Survival International e padre Paolo Braghini, della Custodia di Amazzonia dei Minori Cappuccini dell'Umbria, testimone diretto delle popolazioni amazzoniche del bacino del fiume Solimoes. Tramite video hanno offerto un contributo anche il cardinale Claudio Hummes, presidente della Rete Ecclesiale Pan Amazzonica e alcuni rappresentanti dei popoli amazzonici.

Prendersi cura del Creato e delle popolazioni amazzoniche

I partecipanti si sono interrogati su che cosa significhi prendersi cura delle diversità culturali e su come vivere in positivo la comunità globale. L’area Amazzonica rappresenta uno dei principali palcoscenici in cui si scontrano visioni della Terra opposte: da una parte l’atteggiamento predatorio verso l’ambiente naturale, strettamente legato alla mancanza di rispetto per culture considerate “inferiori”; dall’altra l’impegno dei suoi abitanti e di molte organizzazioni, come anche la Chiesa, per la difesa della natura e delle identità locali. Una regione simbolo, dunque. E’ ciò che conferma, ai nostri microfoni, padre Paolo Braghini, uno dei protagonisti del talk show che si è concluso con la piantumazione di un piccolo albero, donato dai Carabinieri Forestali, dedicato all'Amazzonia e alla bellezza di tutti i popoli, con protagonisti i giovani di Scholas Occurrentes.

Ascolta l’intervista a padre Paolo Braghini

R. – Sì, si è parlato dell’Amazzonia sicuramente per la difesa, la protezione della natura e del creato, ma anche dei popoli che vivono l’Amazzonia. L’Amazzonia è immensa e raccoglie innumerevoli popoli, indios di varie etnie, di varie culture, varie lingue… C’era con noi una ragazza indios e la sua presenza ha dato ancora più valore a questo incontro. E’ una regione simbolo perché raccoglie una grande diversità non solo a livello naturale e scientifico, perché è una terra ancora molto inesplorata, ma principalmente per le culture, la diversità etnica. E in questo mondo così globalizzato, accelerato, c’è la tentazione molte volte di livellarci tutti, quando invece questi popoli indios ci ricordano ancora quanto è bella la differenza, ma anche quanto è a rischio e questa ragazza ha alzato un grido, un grido di aiuto, ha detto: aiutateci a difendere i nostri popoli, i nostri diritti, la nostra terra, non lasciateci morire. Un grido molto forte.

Ma che cosa minaccia la regione amazzonica oggi?

R. – Le minacce sono molte: sicuramente è una riserva naturale enorme, preziosissima che molte volte dal mondo è guardata con uno sguardo di sfruttamento. Quindi le multinazionali, le imprese, i governi guardano ad essa come a un potenziale per ricavarne guadagno. Mentre i popoli indigeni la guardano come la loro casa che deve essere difesa e protetta. Questa è la grande minaccia, stanno entrando sempre più multinazionali, alla ricerca di petrolio, di gas, di estrazione dell’oro, anche per ricerche scientifiche però invadendo questi villaggi e anche i grandi progetti nazionali, come le dighe per l’energia pulita, a volte, distruggono interi villaggi. Quindi la minaccia è proprio questa: il mondo guarda l’Amazzonia come fonte di guadagno e non guarda con gli occhi di chi lì ci vive ed è la sua casa.

Anche lei vive lì, vero?

R. – Sì vivo lì ormai da più di 15 anni, insieme a un popolo, una tribù, gli indios di Cuna. Noi cappuccini, ormai da quasi 100 anni, siamo in questa regione amazzonica e da più di 20 anni stiamo vivendo con questa tribù. Questo villaggio, insieme agli altri 70 villaggi che seguiamo di questa etnia e anche di un’altra, è la nostra casa e ci appelliamo alla società insieme agli indios con cui viviamo.

Voi condividete anche l’allarme e le preoccupazioni della vostra gente?

R. – Sì. In questi giorni nella capitale del Brasile c’è un accampamento di un migliaio di leader, di capi tribù che stanno facendo una protesta perché il governo vuole ridurre le terre degli indigeni proprio per avanzare con l’agricoltura intensiva, l’allevamento, distruggendo la foresta. Il governo si sta lasciando portare da uno sguardo economico senza guardare le popolazioni che lì vivono da migliaia di anni e custodiscono la foresta.

Nell'ottobre prossimo ci sarà il sinodo dei vescovi sull’Amazzonia, voi aspettate questo momento?

R. – In realtà lo stiamo vivendo ormai da molto tempo perché il Sinodo, questa è una cosa bella da far sapere, è cominciato proprio alla base. Io mi sono fatto portavoce di vari gruppi di indios che sono stati interpellati dal Sinodo per rispondere a varie domande anche per far sapere alla Chiesa quello che vorrebbero dalla Chiesa, oggi, in Amazzonia. Loro sono stati i primi interpellati, io sono stato proprio insieme agli indios, scrivendo queste risposte degli indios e mandandole alle Commissioni che lavorano per il Sinodo. Quindi ad ottobre ci sarà il momento finale del Sinodo, ma il Sinodo è cominciato molto prima in quasi tutti villaggi indios dell’Amazzonia.

Ma noi che cosa possiamo mettere in atto nella nostra vita quotidiana per mostrarci sensibili ai problemi dell’Amazzonia?

R. – Tutti noi dobbiamo cambiare il nostro stile di vita con uno stile che rispetti la natura, possibilmente produrre il meno possibile scarti, usare meno la plastica, usare il riciclabile, perché per poter mantenere questo nostro stile di vita consumista dobbiamo distruggere la natura e i popoli dove ancora non è contaminata! Dovremmo invece fare tutti un passo indietro e adottare scelte più ecologiche. Questo sicuramente è un modo per sentirci in comunione con i popoli che stanno soffrendo questa invasione e anche pregare per i popoli indios e per i missionari che vivono con loro, perché possiamo fare le scelte giuste in questo momento delicato della storia e della Chiesa.

 

Fonte VaticanNews.Va
Adriana Masotti - Città del Vaticano